Anche il faro sembra un minareto, con la sua sagoma bianca e slanciata sopra i bastioni che hanno conservato un'antica dignità; il porto, però, è davvero strano: aperto verso i venti dominanti di nord-ovest, presenta all'imboccatura principale una manciata di scogli affioranti mal segnalati... noi siamo entrati dall'ingresso di servizio, una fenditura nella diga foranea che immette nel porticciolo dei pescherecci, sotto una vecchia fortezza dove erano allestiti invasi di legno con le parti metalliche ormai arrugginite utilizzati per tirare in secca le navi e restaurarle.
Per recuperare un poco le forze, ci concediamo l'ennesima cena in taverna, stavolta ne scegliamo una molto popolare, una semplice roulotte sotto una tettoia di canne: gli spiedini di carne tardano ad arrivare ma poi ci risollevano un po' il morale.
Le ultime pagaiate sono costate a Mauro un bel raffreddore.
La lunga trasferta fino a Kolimvari ci serviva per affrontare la prima delle due corna della costa nord occidentale dell'isola, il bellissimo promontorio di Rodopos, lungo oltre 18 km, largo quasi 6 km e alto poco meno di 750 mt: due soli punti di sbarco ci hanno costretto a tappe forzate, nella bella baia di Menies, dove sbarchiamo tra le capre al pascolo sui resti di un tempio romano (una addirittura abbarbicata sulla cappotta di un'auto per brucare la pianta più alta!), e nella brutta ansa di Ravdouha, dove siamo sbarcati ormai a notte fonda su un letto di coriandoli di plastica, di nuovo stremati per i 39 km di pagaiata.
Però la giornata è stata davvero memorabile: fondali rocciosi pieni di spugne tondeggianti, capi pronunciati che richiamano teschi e tartarughe, costa alta e scoscesa ricca di anfratti naturali, gole profonde scavate macchiate di tamerici in fiore, roccia rossa frequentata esclusivamente dalle capre cri-cri, molte al pascolo libero con grandi campanacci appesi al collo, con i quali ci segnalavano la loro presenza nei posti più impensabili, impervi ed inaccessibili.
Sul capo estremo, tra reti da pesca giallo limone strappate al mare ed appese agli scogli come moderni arazzi, ci tocca una pesca miracolosa: tre occhiate dai 15 ai 30 centimetri abboccano alle nostre lenze e insaporiscono la nostra cena... andiamo a dormire che è mezzanotte suonata e la mattina dopo abbiamo scelto di non puntare la sveglia!
Yesterday was a long, slow and monotonous day: a low, linear and sandy coast with hotels and too many tourists. We arrive in Kolimvari exhausted for the non stop paddle against the wind (to cover the distance of 17n.m. we have so paddled for more than 9 hours).
The only positive note is for the attractive town of Hania, with its particular church: it has both a minaret and a bell tower, heritage of the following waves of Byzantine and Venetian occupation.
Also the lighthouse seems a minaret, with its white and slender outline above the bastions that have preserved an ancient dignity; the harbour, however, it is strange indeed: open toward the dominant northwest winds, present a groupe of rocks in the main entrance... we entered by the secondary entrance, in the dock of the fishing-boats, under an old fortitude.
To recover the strengths, we have dinner in a tavern again, a very popular one, a simple caravan under a roofing of reeds: the skewers of meat delay to arrive and then they make we very happy.
The last paddles are cost a cold to Mauro.
The long trasfert to Kolimvari served us to enfront the first of the two horns in the north western coast of the island, the beautiful promontory of Rodopos, long over 10 n.m., wide almost 4 and tall few less than 750 mt: just two place to land forced us to just two stop, in the beautiful bay of Menies, where we disembark among the goats on the rests of a Roman temple (one straight on the coat of a car to browse the tallest plant!), and in the ugly handle of Ravdouha, where we arrived in the night, again exhausted for the over 21 n.m. paddle.
However, the day has been memorable indeed: rocky backdrops full of round sponges, tall and steep coast rich with natural caves, red rock exclusively frequented by the goats, a lot with suspended cowbells to signalled their presence, always in the most unthinkable, impervious and inaccessible places.
On the extreme head, among fishing yellow nets torn from the sea and suspended to the rocks as modern tapestries, we had a miraculous fishing: three fishes for our dinner... we go to sleep later than midnight and the day after we choise not to aim the alarm clock!
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